Cryptovalute: l'impatto del mining è pari a quello di 7 Google

Stando ad una stima recentemente pubblicata dal quotidiano statunitense The New York Times, il mining delle cryptovalute a livello mondiale avrebbe un impatto ambientale paragonabile a quello di ben 7 aziende delle dimensioni di Google. Ciò significa che attualmente esistono delle nazioni che producono un consumo di energia inferiore a quello di tale settore.

Sempre secondo i giornalisti americani, attualmente generare nuovi bitcoin determinerebbe un dispendio annuale pari a 91 TWh (1 miliardo di kWh). Per avere un termine di confronto, basti pensare che un Paese come l'Italia, con 60 milioni di abitanti, necessita di 360 TWh all'anno tra produzione e importazione (320 per le sole utenze).

Tali considerazioni hanno un'importanza rilevante anche a livello geopolitico anche perché tale risultato sarebbe stato ottenuto tenendo conto del solo mining di bitcoin, è chiaro infatti che questa attività potrebbe essere più diffusa in aree dove la disponibilità di carburanti fossili è maggiore con un ulteriore impatto negativo in termini di sostenibilità.

Ad oggi il mining di bitcoin rappresenterebbe circa lo 0.5% del consumo energetico globale, una percentualmente superiore di circa 10 volte rispetto a quella registrata 5 anni fa. Realtà economicamente avanzate come la Finlandia non riuscirebbero a fare altrettanto, parliamo infatti di 1/3 del consumo generato dagli Stati Uniti per il raffreddamento delle abitazioni.

Nel 2016 un singolo bitcoin vaniva scambiato per 500 dollari, ora il suo prezzo si aggira intorno ai 50 mila dollari. Un andamento di questo genere suggerisce che in futuro il mining possa diventare un fenomeno sempre più diffuso ed è quindi probabile che si moltiplicheranno anche le iniziative finalizzate a generare cryptovalute da fonti energetiche green.