Facebook e l'ex dipendente "pentito"

Il nome di Chamath Palihapitiya non è particolarmente noto, ma se tra il 2007 e il 2011 Facebook è stato in grado di attrarre centinaia di milioni di iscritti, gran parte del merito dovrebbe essere riconosciuto a questo ex dipendente di Menlo Park. Sue le strategie che hanno reso la creatura di Mark Zuckerberg il social network più grande della Rete.

Recentemente invitato a tenere un discorso davanti agli studenti e agli insegnanti della Stanford Graduate School of Business, Palihapitiya avrebbe però confessato di essersi pentito del lavoro svolto, questo perché a suo parere il Sito in Blue si sarebbe dimostrato uno strumento deleterio, capace di distruggere le fondamenta del tessuto sociale.

Alla base della critica di Palihapitiya vi sarebbe in particolare il funzionamento degli algoritmi che governano Facebook, questi ultimi infatti sarebbero stati concepiti con lo scopo di individuare i punti deboli della mente umana e di colpirli, con lo scopo di generare una sorta di sharing addiction per la quale nulla è "vero" o realmente "importante".

Preoccupato dall'esito del proprio lavoro, l'ex dipendente della compagnia californiana avrebbe suggerito che per limitare i danni in gran parte ormai irreversibili di Facebook, sarebbe necessario ridurre i tempi di frequentazione al minimo, cercando di tenere lontani delle sue pagine i minori e gli individui mentalmente più deboli.

Le affermazioni di Palihapitiya farebbero seguito a quelle di altri protagonisti della crescita di Facebook, come per esempio l'ex presidente Sean Parker (noto anche per essere stato il creatore di Napster) secondo il quale l'algoritmo del social network sarebbe oggi talmente avanzato da riuscire a condizionare i comportamenti degli utenti.