Entro il 2020 la Cina utilizzerà soltanto Linux

Le autorità cinesi avrebbero programmato una delle più importanti ed estese migrazioni tra sistemi operativi mai tentata prima; in pratica, entro il 2020 tutti i computer dell'amministrazione pubblica locale dovrebbero abbandonare le piattaforme commerciali e proprietarie della Casa di Redmond in favore di una soluzione libera e aperta come Linux.

Gli attriti tra il Regime di Pechino e l'ecosistema Windows non sono cominciati di recente; la Cina ha infatti maldigerito la dismissione del supporto per Windows XP (ancora utilizzatissimo nel Paese nonostante sia abbastanza datato), confermando poi i suoi mal di pancia attraverso una sorta di embargo di fatto contro gli aggiornamenti a Windows 8.

Windows XP non è ormai considerabile come un'alternativa a cui affidarsi sul lungo periodo, soprattutto tenendo conto di quelle che potrebbero essere le incognite dal punto di vista della sicurezza; quindi, volendosi rendere del tutto indipendenti da produttori e fornitori statunitensi, i dirigenti cinesi avrebbero preferito prendere in considerazione il Pinguino.

Per il momento non si hanno notizie relativamente a quella che potrebbe essere la distribuzione scelta per dare il via a questa svolta storica verso il Free Software, ma una candidata ideale potrebbe essere la distro Ubuntu Kylin, che a sua volta è la versione cinese ufficiale per computer desktop e portatili del sistema operativo Ubuntu.

Per quanto sia vero che molto probabilmente l'adozione di Linux dovrebbe garantire una maggiore sicurezza e affidabilità dei sistemi (e per quanto Ubuntu Kylin non disponga ancora di una versione server), risulta curioso che il regime cinese, tra i vantaggi del Pinguino, indichi anche una maggiore tutela per la privacy degli utenti.